C’è una chiesetta a Palagnedra, la chiesa di San Michele, al cimitero che racchiude una curiosità quasi dimenticata. Posto sul confine italo – svizzero di Camedo – Re , fra la Valle Vigezzo italiana e le Centovalli svizzere, il villaggio, piccolo, isolato sull’altra sponda del “Lago Bianco” formato dalla diga del torrente Melezzo – pardon, siamo in Svizzera e qui si chiama “Melezza” – è costituito da belle case, costruite in gran parte dagli “emigrati di ritorno” che avevano fatto fortuna in Italia, in generale a Milano e Firenze, spesso come facchini. Verde, elegante e un tempo, prima che lo isolassero con la diga, di una certa importanza come “luogo di passaggio” lungo la storica via delle Centovalli. La chiesa di San Michele Arcangelo presenta una sacrestia stupendamente affrescata da Antonio da Tradate, grande artista vissuto a cavallo fra 1400 e 1500. Il fatto che la chiesa sia dedicata a San Michele, santo carissimo a Longobardi e Franchi, dipende dalla sua “presenza obbligata” sulle “vie di passaggio” come protettore dei viandanti. La curiosità poco nota è costituita dal fatto che San Michele è rappresentato indossante una armatura tipica del XV secolo. La si ritiene solitamente una “libertà” presasi dall’artista in omaggio ai suoi tempi. Ma non è così. Nel 1453, poco prima della nascita di Antonio da Tradate, terminava infatti la “Guerra dei Cent’anni” fra Francia ed Inghilterra. Gli inglesi si erano affidati a San Giorgio e persero. I francesi si erano affidati a San Michele e vinsero. Da quel momento tutte le rappresentazioni franche di San Michele lo vollero indossante l’armatura del “suo” esercito, quell’esercito francese che l’Arcangelo condusse alla vittoria. L’armatura di San Michele in Palagnedra non è stata voluta quindi per errore, ma per rispetto al suo ruolo in quella terribile guerra.